Double Ipa

Inglesi, americane, scure, belghe, invecchiate in botte, rosse o marroni, con frutta… In qualunque forma esse siano, le IPA rappresentano al momento la tipologia di birra più diffusa.

GLI INIZI

 


Da sempre rappresentanti del movimento craft in contrapposizione alle birre industriali sono anche quelle più prolifiche in fatto di mutazioni e contaminazioni di pensiero specie se si pensa che il tutto è partito negli anni ’80 con la American Pale Ale di Sierra Nevada, motrice di una vera e propria rivoluzione mondiale.
Da quel momento birrai e homebrewers si sono dedicati all’esplorazione, alla creazione, alle sperimentazioni che hanno portato le Pale Ale americane ad essere così variegate e diffuse

Oggi ci dedicheremo a conoscere meglio le Double IPA, conosciute precedentemente come Imperial Ipa.

Nate in California nei primi anni 90 come una versione più alcolica, più amara e più profumata delle Ipa americane ma senza la stucchevolezza o complessità di un Barley Wine furono poi  definite Imperial, sulla scia delle Imperial Russian Stout. Inutile dire che l’esigenza di stupire e attrarre i consumatori ha portato a creare versioni Imperial di qualunque birra sul mercato, non sempre con esiti positivi.
Ma ci si accorse subito che le Imperial Ipa avevano un grosso potenziale: negli anni in cui (chi è un craft drinker da un po’ di anni se lo ricorderà) le Ipa per fortuna non sapevano tutte solo di frutta tropicale, l’obiettivo era arrivare al massimo possibile di IBU. Le Ipa dovevano essere un vero e proprio cazzotto in bocca, e la densità iniziale maggiore permetteva di bilanciare con alcool e corpo l’amaro maggiore.

Difficile a credersi ora che le Ipa sembrano più succhi di frutta che birre estreme in ogni senso.

Poi, quando la continua ricerca dell’estremo ha spostato nuovamente i paletti per lo stile, si è iniziato ad avere Double Ipa (7%-10% abv), Triple Ipa (10%-14% abv) e Quadruple Ipa (14% – 20% abv).

La categoria BJCP è quindi 22°, Double IPA,  per la cui descrizione completa vi rimando alla traduzione italiana di MoBI 

Detto questo, iniziamo con alcuni consigli su come brassarle al meglio.

 

L’ACQUA

Piuttosto che considerare un profilo preciso trovo sempre più utile capire come fare lavorare al meglio gli elementi e cosa evitare. Soprattutto, evitate di perdere tempo alla ricerca di un profilo “storico” da seguire. Come tutti i profili storici sono inutili fuori da un contesto di studio storico dello stile.

Se dovete aggiustare il calcio (Ca) fatelo usando il Solfato di Calcio (CaSO4), il Cloruro di Calcio (CaCl) oppure un blend dei due.
I solfati possono dare un bel finale asciutto alla bevuta ed esaltare il luppolo, ma attenzione che in quantità troppo alte può dare sapori sgradevoli e influire negativamente sull’utilizzazione dei luppoli.

I Cloruri bassi o moderati possono dare rotondità e pienezza alla birra. Sopra le 400ppm possono influenzare negativamente la birra mentre sopra le 500ppm possono essere deleteri per l’attività del lievito.

Evitate se possibile di usare il Solfato di Magnesio (MgSO4) o acque ricche di Magnesio in quanto ha un treshold relativamente basso superato il quale può dare problemi di astringenza alla birra.

Infine, cercate di restare con i carbonati (HCO3) sotto le 50ppm: i carbonati troppo alti infatti possono rendere l’amaro del luppolo particolarmente fastidioso e sgradevole.

 

GRIST E AMMOSTAMENTO

 

Per prima cosa non complicate eccessivamente il grist: questo non è uno stile dove i malti devono fare bella mostra. A noi serve una solida spina dorsale maltata che sostenga la carica di amaro e sapore che andremo ad estrarre dal luppolo, che sarà più alta del solito.

I malti base dovrebbero coprire, se non tutto, almeno il 70% -80% del grist. Se volete una leggera complessità provate a giocare con percentuali di Maris Otter, Vienna o Monaco oltre al classico Pale Ale.

Limitate i malti destrinici: i crystal chiari, il Carapils o Carastan non dovrebbero superare il 5%-10% totale.
Provate a sperimentare piuttosto con piccole percentuali di Victory, Honey malt e simili.
Un 1% di roasted barley può essere utile per il colore.

Per aumentare secchezza e grado alcolico senza appesantire la birra potete aggiungere dal 5% al 15% di zucchero ( bianco, canna, destrosio ) e far lavorare maggiormente le beta amilasi con un mash tra i 64° e i 67°.

E’ importante controllare il pH durante tutte le fasi di produzione, a partire dal mash e dallo sparge per evitare poi presenza  di tannini o polifenoli indesiderati.

 

IL PROTAGONISTA: IL LUPPOLO

Prevedete gittate diversificate durante la bollitura, così da rendere la bevuta interessante.

Mescolando diverse tecniche (gittate da aroma, al flameout, in whirpool con hop stand, tramite hop back pre-raffreddamento, in dry hopping, in fusto o al momento del servizio) riuscirete a creare diversi livelli di complessità che renderanno la birra luppolo centrica e decisamente interessante. Comunque sia, ricordate sempre che questo stile non deve produrre la pinta da bere per dissetarsi quanto piuttosto un’esperienza di viaggio estremo attraverso la luppolina.

Preferite i luppoli americani ad alti alfa acidi e scordatevi delle monoluppolo: dei blend non potranno che arricchire la birra.
Per l’aggiunta da amaro potete pensare ad un 70-80% di luppolo a basso coumulone, ad esempio Magnum, e coprire il restante con un 20-30% di classici agrumati -resinosi come CTZ, Chinook e simili.

Con luppoli che hanno alti livelli di umulene (Humulene) potete pensare di prevedere una First Wort Hop Addition, che copra il 30% dei luppoli totali in pentola, per poi concentrarvi sull’aroma.

Ricordate che la freschezza dei luppoli è fondamentale.

Se il luppolo è conservato non adeguatamente, se aprendo la busta l’aroma non è esplosivo o ha qualcosa che non vi convince, non usatelo.

Per il dry hopping considerate multiple aggiunte piuttosto che una sola, fatte tra i 18° e i 20° con tempi di contatto non superiori alle 36 ore, se possibile prevedete un ricircolo una o due volte insufflando della CO2 tramite il rubinetto sul fondo.
Se possibile, scaricare i lieviti vi aiuterà a trattenere più oli nella birra.
Un’ottimo strumento è l’hop cilinder, un’infusore che vi permette di togliere il luppolo prima che rilasci sentori vegetali o non voluti, ricordatevi solo che il luppolo in pellet dilata assorbendo birra quindi riempitelo non più di metà oppure avrete una perdita di efficienza nell’utilizzo.

Attenzione particolare è richiesta per evitare il più possibile il contatto tra ossigeno e birra una volta avviata la fermentazione.
Se volete preservare l’aroma esplosivo e i sapori che sarete andati a creare in questa birra, state attenti nelle fasi di travaso, di DH e di imbottigliamento/infestamento.
Considerate il comprare una piccola bomboletta di CO2 (quelle da un kg) per saturare il fermentatore nuovo prima di trasferirci la birra per travaso o imbottigliamento, e usate tubi siliconici o aste da travaso per evitare fenomeni di splashing.

Come lieviti potete andare sul classico con un Us-05 della fermentis o equivalente oppure con i liquidi 1056 della Wyeast e WLP060 della White Labs.
Calcolate bene il giusto inoculo trattandosi comunque di una birra molto alcolica e prevedete di usare più bustine in caso di secchi.
Con i liquidi uno starter è obbligatorio.
Per le stime vi consiglio il comodo calcolatore online di Brewer’s Friend.

Vi lascio con una mia ricetta per una Double Ipa.

Space Traveller – American Double IPA

Eff. 75% Batch : 23 litri

 OG: 1,075 FG: 1,016 IBU 80   alc 7,8%    boil 90 min

 

6,5 kg Pale Ale
550 g Monaco
550 g Vienna
10g roasted barley

 

37,2 g Magnum a.a. 14,9% 47,2 IBU @60’
37,2 g Nelson Sauvin a.a. 12,2% 19,2 IBU @ 15’
37,2 g Nelson Sauvin a.a. 12,2% 7 IBU @ hop stand 10’
27,9 g Galaxy a.a 15,2% 6,5 IBU @ hop stand 10’
20g Galaxy a.a 15,2% Dry Hop al 3° giorno di fermentazione
30g Galaxy a.a 15,2% Dry Hop al 5° giorno di fermentazione
30g Galaxy a.a 15,2% Dry Hop al 7° giorno di fermentazione

2 bustine US-05

 

Mash a 67° per 60 minuti, mash out 76° 10 minuti.
Fermentazione a 18° i primi tre giorni, poi 19,5° fino a conclusione. Cold crash a -1° per 4 giorni pre-imbottigliamento.

Vol/CO2: 2,4

 

 

 

2 pensieri riguardo “Double Ipa

  • 08/12/2018 in 22:00
    Permalink

    Molto utile, interessante. Bravo

  • 09/02/2022 in 17:19
    Permalink

    Ciao, hopstand a 90°?
    grazie

Rispondi a Giovanni Messineo