Il pH nel mash

L’ammostamento è un processo fisico-chimico che interessa il malto e grazie al quale riusciamo ad estrarre fermentabili e non dal nostro grist.
Con estrazione quindi intendiamo la quantità totale di materiale dissolto nel mosto dopo aver ammostato e risciacquato le nostre trebbie.

Ci sono diversi fattori che influenzano il valore di estrazione e la sua efficienza.
La durata del mash (ammostamento), le temperature scelte, il rapporto acqua/grani (lt/kg), il grado di modificazione dei grani scelti, la chimica dell’acqua ( in cui il calcio e i carbonati sono molto importanti) e la dimensione della macinatura sono alcuni.
Molti di questi tra l’altro agiscono in modo sinergico tra di loro.

Uno dei fattori maggiormente importanti durante l’ammostamento è il pH, che influenza tutto il processo produttivo, dall’inizio alla fine.
Il pH influenza l’efficienza di mash, la coagulazione delle proteine (hot break) in bollitura, il colore della birra, la stabilità della schiuma, l’eventuale estrazione di tannini e relativa astringenza e determina anche l’estrazione di oli dai luppoli e l’amaro ricavato da essi.
Inoltre un livello di pH nel giusto range a fine fermentazione aiuta la conservazione della birra in quanto crea un ambiente che inibisce la proliferazione batterica.

Il pH è così importante da determinare addirittura il range di temperatura ottimale per i diversi enzimi che operano durante il mash.

 

Cos’è il pH

La formula chimica dell’acqua, H20, ci dice che ci sono due atomi di idrogeno (H) per ogni atomo di ossigeno (O), tuttavia il discorso è più profondo.
Le molecole d’acqua hanno una struttura che permette loro di “prendere in prestito” da una molecola vicina un atomo di idrogeno e questo processo si chiama dissociazione:

2H2O ↔ H3O+  +  OH-

Nell’acqua pura c’è un equilibrio delle molecole normali H20, ioni ossonio OH- e ioni ossidrili H3O+.

Notiamo come ci siano quindi ioni positivi e negativi, a seconda che abbiano perso o preso, rispettivamente, un atomo di idrogeno.

Il pH di una soluzione acquosa deriva dalla concentrazione di questi ioni: con più H3O+ presenti avremo una soluzione acida, al contrario al prevalere di OH- la soluzione sarà basica.
Aggiungere quindi componenti acide o che contengono acidi favorisce la discesa del pH nella soluzione, nel nostro caso l’acqua di mash.

Il valore di pH si misura in scala logaritmica ed esprime il valore di acidità o alcalinità di una soluzione:

pH = -log [H3O+]

 

Il valore di pH può variare tra 0 (molto acido) e 14 (alcalino).
Siccome l’andamento del valore non è lineare bensì logaritmico, una soluzione a pH = 2 sarà dieci volte più acida di una a pH = 3 e cento volte più acida di una a pH = 4.

 

Effetti del pH nell’ammostamento

 

Il pH come dicevamo influenza la birra durante tutta la sua catena produttiva, determinandone la qualità, la stabilità, il sapore e il corpo.
Durante le fasi di mash le reazioni alle quali siamo più interessati sono quelle enzimatiche.

Per semplificare diciamo che gli enzimi sono delle proteine che svolgono attività prefissate. Siccome la loro struttura interna deriva, da larga parte, da legami elettrostatici (idrogeno) e abbiamo visto che il pH è l’espressione proprio di legami di idrogeno possiamo ben capire come gli enzimi che sfruttiamo nella fase di mash abbiano dei picchi di attività legati proprio a specifici range di pH.

La finestra ottimale per la maggior parte degli enzimi che ci interessano nel mash si trova tra 5.2 e 5.6.

Enzima Scopo pH ottimale (a 25°)
β-glucanase Idrolizzare i betaglucani per ridurre la viscosità del mosto 6
Proteasi Idrolizzare le proteine in polipeptidi e amminoacidi 4.8
α-amilasi Crea zuccheri non (oppure meno) fermentabili 5.5
β-amilasi Crea zuccheri facilmente fermentabili 5.6

 

L’attività enzimatica nel mash è fondamentale poiché senza di essa non arriveremmo al prodotto finito. Sono gli enzimi infatti a trasformare gli amidi in zuccheri fermentabili e non.
Dalla tabella possiamo vedere come le α e β amilasi abbiano un range ottimale molto vicino, tra il 5.5 e il 5.6.

Il pH del mash dipende dal tipo di malti che stiamo usando nel grist, dal pH della nostra acqua di partenza e dal nostro metodo di mashing. Nel BIAB ad esempio, il rapporto acqua-grani fa si che il malto abbia meno capacità di abbassare il pH.

Lavorare nel giusto range di pH significa aumentare l’efficienza di estrazione, un mosto più chiaro, una maggior facilità nella filtrazione da parte delle trebbie e nello sparge nonché un prodotto finito più cristallino.

Se un pH di mash troppo alto può dare problemi di astringenza ed estrazione di tannini, anche un pH di mash troppo basso non è positivo ( può portare a torbidità del prodotto finito).

 

Bisogna ricordare tuttavia che gli enzimi, a parte i valori ottimali, hanno un range di funzionamento: possiamo tranquillamente dire quindi che un buon range di pH per il mash sia tra 5.3 e 5.7, a seconda della birra che stiamo brassando e del risultato che vogliamo ottenere.

 

La misurazione del pH

 

Gli homebrewers hanno diverse opzioni per misurare il loro pH, ma prima di vederle bisogna fare una premessa.

Il pH è legato alla temperatura. Nella soluzioni acquose con l’aumentare della temperatura aumentano gli ioni di idrogeno, quindi varia il pH misurato.
Il pH dovrebbe sempre essere misurato con  i campioni a 25° (definita anche temperatura ambiente) : in questo modo, oltre ad avere una lettura corretta otteniamo dei risultati confrontabili durante tutta la linea di produzione.

Nel mash il valore di pH sarà all’incirca di 0,3 inferiore ( quindi maggiormente acido).
per questo in alcuni testi che non citano una temperatura di riferimento si trovano range di pH più bassi, con un valore ottimale di 5.2.

 

Vediamo ora le possibili soluzioni per misurare il pH:

Strumento Pro Contro
Cartine Tornasole Costo bassissimo.

Nessuna manutenzione o calibrazione.

Sono poco precise e difficili da leggere con campioni scuri.

Possono cedere sostanze nel prodotto testato.

Strisce reattive di precisione Facili da leggere con una precisione sufficiente.
Nessuna manutenzione o calibrazione.
Costano più delle cartine tornasole.
Possono dare errori.
pHmetro Accuratezza ottimale.
Facile da leggere e affidabile.
Costoso.
L’elettrodo andrebbe sostituito a cadenza annuale.Andrebbe calibrato prima di ogni uso.

Le cartine tornasole sono imbevute di un colorante di origine vegetale che ha la peculiarità di essere reattivo al pH: di colore verde a pH neutro (7) vira verso il rosso in caso di ambiente acido o verso il blu in ambiente basico.\
Il colore assunto viene poi confrontato per vicinanza ad una scala colore e determinato il pH.
Il range molto ampio di azione e la difficoltà di letture precise lo rendono un mezzo si economico ma abbastanza inaccurato, specie per campi di applicazione come il nostro dove pochi decimali possono fare differenza.  L’accuratezza delle cartine tornasole è di ± 0.5 pH , il che vuol dire che potremmo leggere un pH di 5.7 mentre in realtà esso è di 6.2, con i relativi problemi che comporta.

Anche le strisce reattive di precisione utilizzano un colorante reattivo al pH, ma non tende a essere rilasciato nella soluzione come nel caso del tornasole.
Inoltre queste strisce lavorano con cambi di colore più marcati e su un range inferiore di pH, quelle specifiche per birra ad esempio tra il 4,6 e il 6,2.
In questo caso l’accuratezza è di solito di ±0,3.

I pHmetri rappresentano la soluzione più costosa ma anche più precisa.
Sono degli strumenti elettronici con un elettrodo grazie al quale riescono a determinare il pH della soluzione in cui vengono immersi con un accuratezza addirittura di ±0,01 su alcuni modelli.
Tuttavia questa precisione ha un costo, e non solo monetario.
Per prolungare la vita dello strumento l’elettrodo andrebbe conservato in una soluzione apposita o comunque preservato dall’asciugarsi e la taratura dello strumento verificata periodicamente tramite le soluzioni di taratura.

Esistono modelli ATC, cioè con compensazione della temperatura.
Questa funzione tuttavia non ci permette di effettuare misure a temperatura di mash.
Innanzi a tutto l’ATC corregge l’errore di misura della sonda, non prende in considerazione lo scostamento di valore del pH dovuto alla temperatura.
In secondo luogo misurando a temperature di mash finiremmo con l’accorciare notevolmente la durata di vita dell’elettrodo, che è la parte più costosa del pHmetro.

Per questi motivi, come già detto in precedenza, raffreddate sempre i campioni a una temperatura di 25°.

 

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