-1- Tra il sacro (il vino) ed il profano (la birra)

 

"A volte la gente non vuole ascoltare la verità perché non vuole vedere le proprie illusioni distrutte. Le convinzioni, più delle bugie, sono nemiche pericolose della verità". (Friedrich Wilhelm Nietzsche)

Al centro della cittadina di Utrecht in Olanda, al numero 6 di Achter Clarenburg, c’è un posto che gli appassionati di birra non possono perdere. Si tratta del Café Olivier, una birreria belga ricavata all’interno di una grande Chiesa sconsacrata con tanto di organo e statue. Un bel mix di sacro e profano.

In un’altra parte del mondo c’è una chiesa in cui i fedeli vengono battezzati con la birra. Una chiesa per soli maschi adulti. Si trova Evaton, in Sud Africa. Si chiama Gabola Church ed è stata fondata dal vescovo 52enne Tsietsi Makiti. Con la scusa che nella Bibbia Gesù trasforma l’acqua in vino, ha deciso di santificare la birra e l’iniziativa è piaciuta molto, visto che in poco tempo la sua chiesa ha raggiunto 500 membri. Gabola vuol dire proprio bere nella lingua tswana parlata in Sud Africa.

Dai tempi antichi ad oggi, la Chiesa e la birra hanno incrociato spesse volte il loro cammino. Il cristianesimo, che emerge dal giudaismo nel I secolo, fin dai suoi primordi ha considerato il vino come la bevanda sacra, alla quale sono associati numerosi significati simbolici, ciononostante nella  Bibbia  non mancano citazioni inerenti la birra. Alcuni studiosi hanno evidenziato come, probabilmente, nel corso delle successive trascrizioni e traduzioni dei testi, il ruolo della bevanda di cereali sia stato sostituito proprio a favore del fermentato di uva. È bene specificare come nelle Sacre Scritture non viene usato esplicitamente il termine birra, ma si parla di una generica “bevanda inebriante”. Secondo gli studiosi biblici Rhodes e Blazer, l’espressione “bevanda inebriante” è la traduzione errata della parola latina “sicera”. Questo termine, derivante dall’ebraico “shekhar”, designava una bevanda alcolica ottenuta dalla decozione di cereali, frutta e miele. Era un potente inebriante, tipico del paese di Canaan. La storia dell’adattamento di questa parola nelle lingue dell’Occidente è antica e complessa. Si può dire che il termine ebraico sia passato in greco divenendo σίκερα (sikera), ma è più probabile che il passaggio sia avvenuto già in epoca antica a partire da una lingua semitica diversa, probabilmente l’accadico, in cui la birra d’orzo era chiamata sikaru(m), sikru(m). Inoltre, in Tracia è attestato Σικερηνος (Sikerenos) come epiteto di Apollo: senza dubbio trae il nome dalla bevanda, a dimostrazione dell’antichità del termine. La radice semitica ultima, da cui sia la forma accadica che quella ebraica derivano, ha il significato di “ubriacarsi”, “intossicarsi”. La traduzione più propria sarebbe quindi “bevanda intossicante (diversa dal vino)”.

Nella lingua neoebraica parlata oggi in Isreaele, che è una vera conlang creata da Ben Yehuda, la parola שכר šēkhār è usata per indicare la birra, pur essendo questa corrispondenza abbastanza impropria. La bevanda usata nell’antica Israele era forte e non somigliava molto a quella dei nostri tempi. Potrebbe invece essere usata per designare certe birre speciali ad alta gradazione, potenti quasi come il vino.

Alcuni passaggi della Bibbia in cui si cita la birra:

Giudici 13,7 "[...] ma mi ha detto: Ecco tu concepirai e partorirai un figlio; ora non bere vino né bevanda inebriante[...]". Isaia 24,9 “[…] Non si beve più il vino e non si canta, la bevanda forti diventano amare[…]”. Levitico 10,9 “[…] Non bevete vino o bevanda inebriante né tu né i tuoi figli, quando dovete entrare nella tenda del convegno, perché non moriate; sarà una legge perenne, di generazione in generazione […]”. Luca 1,15 "[...] poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre[...]".

Numeri 6,3“[…] non dovrà bere né vino né alcolici, né birra né bevande prodotte con il succo d'uva […]”. Proverbi 31, 4-6 “ […] "Ascolta, Lemuel:un re non deve darsi al vino, un principe non deve rendersi schiavo di bevande inebrianti […].”Bevande inebrianti fanno bene a chi viene meno e il vino a chi è amareggiato […]".

La birra in Europa vanta una lunga storia,  che anticipa le credenze giudeo-cristiane, ed è caratterizzata da alterne fortune. Le prime testimonianze scritte sul consumo di birra in Europa risalgono al VII secolo a.C., quando il poeta greco Archiloco racconta dei traci che erano soliti consumare “vino d’orzo”. I greci, nobili e dalle movenze altolocate, si pongono in modo spesso arrogante verso gli altri popoli, giudicandone le usanze, comprese quelle alimentari. Il vino era considerato dai greci il dono che Dioniso aveva fatto alla misera razza umana. Mentre in tutta la letteratura greca la birra, la bevanda dei barbari, non ha consensi di favore: per gli elleni, come per i romani, essa aveva effetti nocivi.

Nei territori conquistati dal Sacro Romano Impero a cui appartenevano la Gallia (attuali Francia e Belgio), l’Hispania (attuali Spagna e Portogallo) e la Britannia, la tradizione della birra preservò tra il popolo. Le classi più benestanti ad un certo punto a cominciarono a mescere più volentieri vino anziché birra nei loro bicchieri e, più l’espansione romane delle province cresceva, minore diventava la produzione di birra.  Questo mutamento subì una forte accelerazione con l’ascesa del cristianesimo come religione di stato dell’Impero Romano nel IV secolo d.C.; il vino trovava sempre più sostenitori sia nella tradizione giudeo-cristiana sia in quella greco-romana.Nel V secolo d.C. San Cirillo di Alessandria descrisse la birra come una «bevanda fredda e torbida degli egiziani, causa di malattie incurabili». Il vino, all’opposto, secondo i Salmi «rallegra il cuore dell’uomo».

Tra il IV e V secolo d.C., numerose tribù germaniche consumatrici di birra si spinsero oltre il Danubio e il Reno. Convertendosi al cristianesimo adottarono anche le nuove usanze, ma non smisero del tutto di bere la loro bevanda preferita, sebbene la classe dominante e i dotti della Chiesa ritenessero il vino più adatto al loro rango. Dove l’uva non cresceva, i nobili importavano il vino. Nell’Europa continentale la birra fu bollata bevanda di seconda classe, almeno fino a quando non intervennero gli irlandesi.

Il missionario di origine britannica Patrizio, nato con il nome di Maewyin Succat nel 385 nella Britannia romana e morto a Saul nel 461, iniziò a radicare la dottrina cristiana tra gli irlandesi. I suoi discepoli non persero tempo nel combinare la tradizione della birra irlandese con gli insegnamenti cristiani. San Donard conosciuto in gaelico come Domhanghairt o Domhanghart produceva un barile di birra ogni primavera, che era poi solito servire il martedì dopo Pasqua ai fedeli della chiesa Rath Muirbuilc, meglio nota oggigiorno come Maghera.

Santa Brigida di Kildare (Faughart, 451 – Kildare, 525), considerata la seconda patrona d’Irlanda, era una grande appassionata di birra. In una leggenda si narra che un viandante assetato arrivò a Kildare, e la Santa non avendo niente da potergli offrire, trasformò l’acqua che avrebbe usato per fare il bagno in birra. In un’altra storia la santa mandò ad una parrocchia un barile di birra il quale lungo la strada si moltiplicò al punto che ci furono abbastanza barili per dissetare tutti i fedeli di numerose chiese.

Ma la prova della benevolenza della santa si trova nella sua preghiera: «Vorrei un lago di birra per il Re dei Re. Vorrei che la famiglia celeste fosse qui a berne per l’eternità». Il cristianesimo si diffuse molto velocemente in Irlanda che presto divenne uno dei paesi in Europa da cui partiva il maggior numero di missionari. Essi diffondevano la fede di Cristo soprattutto negli angoli più remoti e allo stesso tempo divennero portavoce sulla compatibilità tra bere birra e vivere nella fede.

San Colombano (Navan, 540 – Bobbio, 615) fondò il monastero di Annegray, ed adottò una regola che nel primo Medioevo fece da modello per molti conventi. Il missionario non si unì ai sostenitori del proibizionismo. Declamava l’ascetismo della vita monastica, ma teneva in gran conto la birra. Il santo abbate non tollerava che la birra fosse sprecata, e le regole di Annegray prevedevano punizioni specifiche da infliggere al monaco colpevole di sprecarla. La penitenza prevedeva che la razione di birra del fratello negligente venisse sostituita con acqua per tutto il tempo necessario a compensare la quantità di birra che era andata rovesciata. Molte leggende gravitano attorno a questa figura. Una sera, mentre i monaci consumavano il loro pasto, un servitore scese in cantina a prendere altra birra. Aprì il barile, ma mentre riempiva la brocca sentì che Colombano lo chiamava. Distrattaemente risalì reggendo la brocca da una parte e il tappo del barile nell’altra mano. Ridestatosi improvvisamente si precipitò nuovamente in cantina e qui avvenne il miracolo. Non una sola goccia di birra era caduta sul pavimento: la botte era ancora piena fino all’orlo. La fama di Colombano si diffuse e il santo abbate fondò altri monasteri nella regione della Borgogna. In quello di Fontaine compì il suo secondo miracolo. Si recò al monastero dove molti monaci erano intenti a lavorare nei campi. Quando ebbero finito egli disse loro: “Fratelli miei, possa il Signore concedervi un lauto pasto”. Udendo ciò, il servitore dell’abbate rispose: “Padre, mi creda. Noi altro non abbiamo che due pani e un goccio di birra”. “Portatemeli qua”, replicò Colombano. Alzò lo sguardo al cielo pregò: “Gesù Cristo, salvatore del mondo, tu che hai sfamato cinquemila tuoi discepoli con cinque pani, fa’ che questi pani e questa bevanda diventino altrettanti!”. Il miracolo avvenne e tutti poterono mangiare a sazietà e bere tanto quanto vollero.

Nel 611 durante il suo viaggio a Brigantium (ora Bregenz, in Austria), Colombano venne a conoscenza che i residenti del villaggio stavano per sacrificare un grande barile al dio Odino (Wōdan). L’abbate in preda all’ira soffiò così forte sull’orcio da ridurlo in frantumi riversando tutto il contenuto al suolo. La tradizione vuole gli abitanti della città si convertirono in massa al cristianesimo e mai dimenticarono a chi dovesse essere offerta la birra. Possiamo dire che questo abate si adoperò molto per valorizzare la villica bevanda nella buona società.

Anche San Gallo (Irlanda, 550 – Arbon, 645) un monaco confratello di Colombano è degno di menzione. Stanziatosi nell’attuale Svizzera dopo la sua morte fu eretta in sua memoria una cappella, in seguito ampliata nell’abbazia di San Gallo. I suoi frati preservarono le tradizioni irlandesi e, naturalmente, si dedicarono con il dovuto scrupolo anche alla preparazione della birra.

Il birrificio principale produceva birra per uso privato dell’abbazia, il secondo per ospiti di riguardo, il terzo era progettato per spegnere la sete di pellegrini e mendicanti. Al concilio di Aquisgrana dell’agosto 816 si stabili che “la razione quotidiana spettante a ogni monaco fosse di una pinta di buona birra”.  Il rapporto tra monasteri e birra durò a lungo. Alcuni monaci si specializzarono nella produzione e formarono una categoria professionale stimata che ampliò le proprie conoscenze sul processo di birrificazione, migliorando di conseguenza la qualità delle birre dei monasteri.

L’impero dei franchi vedeva la presenza di un numero elevato di birrifici monastici. La stabilizzazione della vita politica nel tardo Medioevo creò le condizioni per la nascita di birrifici commerciali. Il numero dei birrifici monastici prese gradualmente a diminuire, riducendosi in modo drastico tra il XIX e il XX secolo. Alcuni decisero di produrre birra esclusivamente per il consumo interno, altri invece presero una direzione commerciale. Il paese che al giorno d’oggi è particolarmente famoso per le sue birre monastiche è il Belgio, dove l’uso dei nomi dei monasteri è monitorato molto di più che altrove, in modo particolare per le tradizionali birre prodotte dai monaci appartenenti all’ordine dei trappisti.

In questo primo episodio abbiamo visto come religione, fede, Chiesa abbiano contribuito alla popolarità della bevanda. C’è tanta storia ancora da scoprire, così come aneddoti e curiosità.

Nel percorso virtuale che va dalla notte dei tempi ai giorni nostri, questa è solo la prima delle ventiquattro tappe che vi accompagneranno alla scoperta del  mondo della birra.

Fonti:
"Storia dell'Europa in 24 pinte: Dieci secoli di birra" - Edizione UTET
"La Bibbia - Antico e nuovo testamento. Elledici ABU, Editrice Velar
"https://perpendiculum.blogspot.com/"
"Wikipedia"

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